Peste suina africana: regole rigide, per salvare il sistema produttivo

di Roberta Maggioni

La peste suina africana non arretra la sua corsa e gli esperti mettono in campo, anche sul territorio della Valtaro – Valceno, importanti misure di eradicazione, controllo e prevenzione da applicare nelle zone infette, nel caso di sospetto e conferma della malattia, nelle zone confinanti con quelle interessate dalla peste e nelle aree indenni, mettendo in atto un piano di eliminazione totale. Il commissario straordinario che si occupa dell’epidemia, si avvale dell’unità centrale di crisi e degli enti del servizio sanitario nazionale, degli uffici competenti dei ministeri e dell’ex direzione generale della sanità animale dei farmaci veterinari, che assicura il supporto funzionale operativo. Non solo piano di eradicazione, ma anche piani regionali di interventi urgenti, che prevedono quello straordinario di catture, abbattimento e smaltimento dei cinghiali, sino al 2028. Chiunque rinvenga esemplari di suini selvatici morti o moribondi, deve segnalarlo immediatamente alle autorità competenti locali e non deve assolutamente toccare, manipolare o spostare l’animale. Le misure di controllo nella zona infetta e in quelle soggette a restrizione sono le seguenti: per i suini selvatici è obbligatorio apporre apposita segnaletica di avviso di accesso nelle zone dove sono state ritrovati animali o carcasse infetti. I segnali, forniti dalla Regione, anche tramite le autorità competenti locali, devono essere posizionati dai comuni interessati su ogni strada di ingresso. Bisogna avviare la ricerca di carcasse dei suini selvatici, dando priorità alle aree più perimetrali delle zone interessate e, dove non siano ancora state rinvenute carcasse positive, si deve mettere in atto la cattura, l’abbattimento e lo smaltimento dei cinghiali. Considerata l’orografia di alcuni territori, la ricerca può essere svolta in modo mirato, prediligendo i corridoi ecologici, le aree ad alta densità di suini selvatici, i corsi d’acqua ed i fondovalle, avvalendosi di personale appositamente dedicato e coinvolgendo, quanto più possibile, associazioni venatorie e di volontariato attive sul territorio, previa adeguata formazione. I suini rinvenuti morti o moribondi, catturati ed abbattuti, devono essere testati per la peste suina africana e le carcasse smaltite secondo l’apposito regolamento. Qualora le carcasse si trovassero in luoghi difficili da raggiungere, si deve procedere al prelievo direttamente sul posto, adottando tutte le idonee misure di pulizia e disinfezione dell’area. È vietata l’attività venatoria collettiva di qualsiasi tipologia e la caccia al cinghiale, mentre le attività di addestramento venatorie della specie cinghiale per i cani da caccia, sono consentite nel rispetto del protocollo di biosicurezza, ad eccezione delle aree individuate come distretti suinicoli. Sì all’attività di depopolamento con le squadre autorizzate di bioregolatori. Un altro aspetto fondamentale, per chi si reca nei boschi, anche per una semplice passeggiata o alla ricerca di funghi, è quello del cambio di calzature alla partenza e all’arrivo, con conseguente lavaggio delle suole e, se utilizzate la bicicletta, con lavaggio delle ruote, con disinfezione annessa. Le prime sanzioni sarebbero già partite: due escursionisti, infatti, che hanno ignorato i divieti anti peste suina, trovati nei boschi senza scarpe di ricambio e senza disinfettante, sono stati sanzionati con una multa di 400 euro. Infine, i gruppi lungo i sentieri, con o senza accompagnatore, non possono superare il numero di 20 persone. Regole rigide, qualcuno definisce i toni davvero estremi, ma il  rischio potenziale, ricordiamolo è enorme: la  peste suina, che fino ad oggi è costata 500 milioni di euro in due anni, minaccia l’intero sistema produttivo dei salumi, con il rischio di un conto delle perdite, da qui in avanti, di 60 milioni di euro al mese.

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